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Cattura subito l’attenzione, guida la scelta, cristallizza il ricordo. L’etichetta parla, racconta tanto di un vino, della storia di un’azienda e di un territorio. Le cantine lo sanno bene e si affidano sempre di più a esperti di wine design. Una pioniera in questo campo è Federica Cecchi. Toscana, architetta con focus sulla sostenibilità, vicedelegata in Toscana dell’Associazione Le Donne del vino (per cui ha realizzato anche il logo del 2024) ha iniziato nel 1999 fa per caso, per un amico produttore.

“Sono 25 anni di racconti – spiega – perché non faccio mai progetti solo di fantasia, cerco sempre di strutturarli attorno a un’idea che possa portare avanti uno storytelling del prodotto. Se no resta un progetto senz’anima”. “Iniziai con un Chianti per poi passare al Friuli Venezia Giulia: poi ho portato la mia dedizione per questo settore in tutta l’Italia, arrivando anche in Europa fino all’America”.

Cecchi, cosa svela un’etichetta?

“Ho sempre pensato che dietro al vino ci siano tante persone e storie affascinanti da raccontare. Le etichette servono proprio a questo: a creare uno spunto per il racconto di tradizioni, di famiglie e architettura. Mi è capitato di inserire anche il dettaglio di una pittura del Quattrocento: così l’etichetta può svelare il prestigio di un’azienda”.

Come si costruisce ogni progetto?

“Il primo approccio è quello della visita, in cui ricavo tanti spunti che verranno tradotti in elementi grafici e artistici. Parlare con le persone che hanno creato queste alchimie è fondamentale, ma anche passeggiare per le proprietà dove posso carpire dettagli che poi diventeranno il veicolo per instaurare con il consumatore un rapporto di empatia. Sicuramente siamo più coinvolti dal lato emotivo che da quello della sola degustazione. C’è anche un aspetto di marketing: l’etichetta è una via per fare affezionare un consumatore al brand”.